Terminato di leggere un paio di settimane fa, ho preferito
aspettare un po’ per scrivere le mie impressioni. Non credo che smetterà mai di
piacermi il modo di scrivere di Zafón, che mi ha portato a leggere tutte le sue
opere, anche quelle per un pubblico più giovane, ma avevo grandi aspettative da
questa nuova uscita e purtroppo non posso dire di esserne entusiasta, anzi!
L’ho letto rapidamente, contenta di rincontrare Daniel e la
sua libreria; la storia mi ha
coinvolto e sono passata velocemente da un capitolo all’altro senza farmi
distrarre da niente e nessuno ma…. l’ho vissuto solo come un libro di passaggio
che collega i precedenti al prossimo e dove l’autore fornisce informazioni
dettagliate sul passato dei protagonisti (soprattutto su Fermin) e getta le
basi per l’opera successiva. Non mi piace terminare un libro e avere la
sensazione che non sia finito. Non ho avuto questa sensazione con “L’ombra del
vento” e con “Il gioco dell’angelo”; li ho letti, assaporati, divorati, mi sono
immersa nel mondo dei protagonisti, ho percorso insieme a loro le strade di
Barcellona, di luoghi oscuri e misteriosi….mi sono emozionata. Ricordo che
mentre leggevo le ultime righe di queste sue opere ero dispiaciuta, dispiaciuta del fatto che la sera
successiva non avrei avuto l’opportunità di leggere ancora Zafón ma in “Il prigioniero del
cielo”, praticamente, c’è scritto: “…to be continued” e questo mi ha, diciamo, "irritato" Se voglio questo mi guardo una soap
opera. Peccato!
Termino con una domanda all’autore che, logicamente, rimarrà
senza risposta: “Non poteva evitare di scrivere un libro di passaggio e unire
questo al prossimo? I capitoli sono brevissimi,
caratteri e interlinea giganti…. Se non aveva sufficiente materiale per una
storia completa, io (e credo molti dei suoi lettori) avrei aspettato volentieri
per non rimanere delusa da uno dei miei scrittori preferiti.
Cri